Rifugio d’Afata 1673mt
Altra escursione piuttosto verticale, torniamo al Rifugio Afata (l’accento e’ sulla prima A), ultima nostra visita a Giugno 2013, ma il meteo era decisamente pessimo, oggi ci godiamo percorso e rifugio sotto un sole stupendo, ed il cielo blu di quando ha appena smesso di piovere.
E’ una occasione particolare, festegggiamo ben 3 compleanni:
Francesco (compiuti da poco), Paolo e Barba che invece spegneranno le candeline la fine settimana prossima. Abbiamo una tradizione orami assodata, i nostri compleanni (non in estate) si festeggiano in capanna, da soli e gustando la cucina del nostro grande Chef “Barba-cciuolo”.
La scelta della capanna o rifugio segue invece criteri diversi, di certo dove non trovare nessuno, magari raggiungibile con una discreta camminata (tanto per stuzzicare l’appetito), bella posizione e se qualcuno anche non l’ha mai visitata meglio ancora.
A parte Giorgio,Barba,Gimmy e Roberto nessun altro degli otto componenti la spedizione (dovevamo essere in nove ma UNO ha declinato), era mai salito da queste parti.
Per darvi una collacazione geografica, ci troviamo sul lato O della Leventina, in Val Cramosino, la vallata che si chiude con Il Pizzo di Mezzodi’, Madom Gross, Pizzo Cramosino e Cima di Partus.
Partiamo alle 08:15, poco sotto le ultime baite di Orsino, quasi subito la freccia AFATA che indica la direzione, pochi minuti e giungiamo ad un guado, che viste le piogge della notte e della mattinata ci crea qualche simatico divertimento per attraversarlo.
Subito dopo il guado una cappelletta con madonnina, qui comincia il bello …
E’ una salita senza soste, sempre in bei boschi di abete, spesso ripida, ma sempre ben segnalata (cartelli “Sentiero” e bollature gialle).
Va percorsa con piede sicuro a tratti e’ esposta, ci sono varie cenge e cengette, ed anche alcuni tratti con brevi tratti con fune, niente di complicato, ma non e’ certo passeggiata per famiglie.
Il gruppo si disgrega con i primi che arrivano alle 10:05 mentre io ed il mio badante Gimmy qualche minuto prima delle 10 e mezza.
Il sentiero come ho detto e’ sempre al coperto, dopo un tratto in piano (l’ennesima cengetta) si inizia una salita in linea retta dove in lontananza si vede il cielo, siete arrrivati a destinazione.
Finalmente posso gustarmi il panorama e la vista della capanna che la pioggia mi aveva negato la volta scorsa, ci troviamo su un pianoro prativo, la capanna a destra sotto parete verticale rocciosa, tutto attorno grandi abeti.
Prima di proseguire il racconto devo ringraziare il Sig. Gianni Manfrina (il gestore, la capanna e’ del patriziato di Giornico), che ci ha informato che l’acqua non era disponible perche’ ancora bloccata dai tubi ghiacciati verso il punto di prelievo, ma ci ha anche suggerito dove poter prelevare acqua da una fonte a pochi minuti dalla capanna. Pensate che il Sig.Gianni ci ha atteso lungo la strada ad Orsino per darci le necessarie spiegazioni, una persona gentilissima !
In capanna si trova stufa a gas (la bombola e’ all’incirca sotto la finestra della cucina, all’esterno), e stufa a legna, buona dotazione di stoviglie, libro e cassa dove lasciare segno del passaggio e ovviamente un contributo.
Torniamo al discorso acqua: dotati di pentolame e secchi trovati in rifugio, o nella casetta degli attrezzi adiacente, si scende per una decina di metri nella direzione da cui si e’ arrivati, dirigendosi poi in piano verso sinistra (verso N), su tracce di sentiero, si trova una piccola pozza d’acqua, dove esce un tubo di gomma che preleva da un’altra pozza d’acqua poco sopra.
Di acqua ne esce poca poca ma con pazienza e qualche viaggio … c’e’ quanta ne serve.
Attenzione che poche decine di metri sopra questo sentiero (non segnato) c’e’ il sentiero vero e proprio per l’Alpe d’Afata, parte alle spalle della capanna, ma non e’ quello giusto.
Iniziano i preparativi, c’e’ chi pela le patate, chi prende acqua, chi prepara i cubetti di formaggio.
Prepariamo all’ esterno, il meteo e’ stupendo e c’e’ un bel tavolo in sasso e delle panche, ci sono anche due ombrelloni che prontamente piazziamo per fare ombra sulle cibarie.
Verso le 11:30 iniziamo con qualche antipastino, salame, formaggio, pate’ di olive, una crema al peperoncino, la prima bottiglia di bianco … che ci lascia.
Arriva il piatto forte: “i pizzoccheri del Barba”, molto ben conditi di burro e formaggio, peccato per la nostra vegana che li consuma “asciutti”, visto che si e’ dimenticata il suo “formaggio”.
C’e’ chi fa il bis e quasi tris, ne avanzano anche da portare a casa, chi si offre volontario???
Vino rosso a fiumi, da un Nera-Valtellina ad un Valpollicella Ripasso, poi Barbera, e con questi chiudiamo … ma solo antipasto e primo!
Dopo un po’ di tregua e di relax, arrivano i dolci:
torta vegana di Chiara (sempre gentilissima) a base di castagne, poi un dolce comasco tipico il tutto innaffiato da due bottiglie di Berlucchi.
C’e’ anche un vassoio di savoiardi di pasticceria, che “chiaramente” vanno accompagnati da Passito di Pantelleria, vanno a ruba!
Caffe’ e grappa per mettere fine a tutto questo. Tasso alcolico? Meglio non parlarne.
Qualcuno dorme o dormicchia, c’e’ una bella stanza separata con 18 posti letto, in tre si adagiano sui materassi, dopo poco sembra il laboratorio della Foppa Pedretti, dove la legna e le assi vengono tagliate per comporre i noti articoli, insomma sembra una segheria.
Iniziamo le pulizie, firma del libro e compenso lasciato nella cassa (a proposito mancavano le buste), chiudiamo gas e sistemiamo il tutto.
Scendiamo stavolta compatti, si deve scendere con molta attenzione, il sentiero e’ spesso ripido ed anche viscido per le piogge notturne.
Arriviamo al guado, stavolta niente acrobazie per attraversare, ci si togli gli scarponi e calze e dentro per un delizioso pediluvio, una bella quindicina di minuti a godersi anche questi freschi momenti.
Rinfrescati, rinsaviti e contenti si torna a casa, ma e’ una di quelle giornate che non si puo’ dimenticare.