Torniamo in Val Gerola per esplorare una vetta per noi ancora sconosciuta su questa dorsale, il Monte Colombana, da non confondere con il Monte Combana che si trova sopra la Cima di Rosetta, e nemmeno con la Cima Colombana che si trova poco più a sud tra il Monte Colombana ed il Melasc.
Un pò di chiarezza sulla sua collocazione: si trova in Val Gerola, sulla dorsale che la separa dalla Val Fraina una secondaria della Val Varrone, lungo la dorsale che dal Monte Legnone corre fino al Pizzo dei Tre Signori, dorsale con molte cime e tutte ben sopra i duemilametri.
A destra dopo il Pizzo Alto ed il Monte Rotondo si trova il Monte Colombana
Per qualche ragione poco nota il Monte Colombana è una cima frequentata prevalentemente in inverno, poche le relazioni estive.
Oggi siamo solo in tre, gli amici Malnat hanno impegni.
La meta prefissata era un’altra e poco distante, ma all’ultimo propongo agli amici questa selvaggia escursione e nonostante le prerogative accettano di buon grado.
Tutte le poche informazioni indicano che NON ci sono sentieri per la cima, nemmeno sulle carte più aggiornate, e nemmeno sentieri che vi si avvicinano, quindi sarà un’escursione a vista, ma non è l’unica questione, il percorso da Laveggiolo è breve, molto breve, in compenso si devono salire oltre 940mt di dislivello, quindi un bel vertical.
Parcheggiamo a Laveggiolo e seguendo le indicazioni di cai56 attraversiamo le baite per raggiungere il grande prato sopra di esse, da qui puntiamo al bordo superiore verso sinistra dove inizia il bosco e dove si trovano deboli tracce di sentiero.
Le tracce vanno e vengono ed in alcuni punti sono fuorvianti, in ogni caso bisogna salire cercando la via migliore.
I riferimenti utili sono :
– sopra Laveggiolo il prato già verticale e l’inizio del bosco
– tutto bosco fino ad un prato sempre verticale con resti di baite a Q1820 (Baite Bugione)
– altro bosco e più in alto altro prato verticale con resti di alpeggio a Q1880 (Baite Bugione)
– sempre salendo verso la dorsale NE del Colombana si prosegue in bosco di larici per sbucare poco sopra Q2000 in un grande prato sempre verticale dove si vede l’inizio della cresta
Con questi punti di riferimento iniziamo la nostra avventura alle 8:00 da Laveggiolo.
Come già indicato da cai56 non c’è un vero sentiero da seguire, anzi seguendo deboli tracce si perdono subito, l’importante è salire direzione E verso la dorsale che sarà visibile solo dopo i duemila metri.
Il GPS aiuta moltissimo, arriviamo al primo gruppo di baite diroccate quindi si sale al secondo, qui sarebbe opportuno tenere la destra invece noi proseguiamo sempre sù dritto tra cespugli e rododendri con una bella faticaccia.
Sbuchiamo all’aperto un pò spostati dal costone, sotto un prato molto ripido, ma vediamo chiaramente l’inizio della dorsale circa 150mt di dislivello sopra di noi. Tratto faticosissimo su zolle d’erba alte e sempre cercando gli appoggi migliori per non scivolare sull’erba bagnata.
Raggiunta una roccia a Q2160 siamo finalmente sulla dorsale.
Purtroppo il cielo è coperto e le nuvole viaggiano veloci coprendo la visibilità, da dove siamo non ci rendiamo conto che la dorsale è veramente lunga.
Sul filo di cresta troviamo tracce di sentiero, deboli ma si riescono a seguire bene, corrono sul filo di cresta o poco sotto sul lato della Val Vedrano (quindi verso S o a sinistra salendo), mentre il lato destro (N) precipita verticalmente in Val di Pai.
Quando le nuvole lo consentono vediamo il Rifugio Stavello (Val di Pai) ed il bel sentiero che sale verso il Monte Rotondo che abbiamo percorso a ottobre 2022.
Tra le nuvole percorriamo la bella dorsale, peccato proprio di vedere poco o nulla.
Arriviamo in vetta senza accorgerci, causa le nuvole ci accorgiamo di scendere ed il GPS dice che siamo in cima.
Non c’è nemmeno un ometto, proseguendo si scende molto ripidamente verso la Val Fraina e l’Alta Via della Valsassina.
Ci fermiamo aspettando qualche apertura per vedere i panorami, ma riusciamo a “rubare” veramente poco, un gran peccato perchè dalle foto delle altre poche relazioni il panorama deve essere notevole.
Foto ricordo ed iniziamo la discesa, che ci preoccupa un pò per l’erba bagnata e la ripidità.
La bella e lunga cresta finale
Discesa la cresta fino al roccione dove abbiamo fatto la pausa a Q2160, vediamo che le deboli tracce proseguono e le seguiamo molto fedelmente, dove si perdono le ricerchiamo più avanti, la discesa diventa più semplice senza dover cercare la via migliore, e soprattutto perchè le tracce sono prevalentemente su terra e non nel prato.
Lascio la considerazione importante per la fine della relazione, ma sostanzialmente la debole traccia segue il filo di cresta verso la Val di Pai (stando attenti perchè sul quel lato precipita) , si passa da una fontana con acqua corrente e da qui ad un pianoro prativo (incredibile) con una bolla d’acqua, e sempre seguendo le tracce di sentiero si scende all’ alpeggio diroccato più alto.
Anche se non è ancora mezzogiorno decidiamo di fare qui la pausa pranzo Q1880, vista sulla Val Gerola con Pescegallo e la diga del suo lago.
Dopo pranzo proseguiamo ricercando le tracce di sentiero che con un giro molto più tranquillo ci portano ad una baita isolata a Q1650 dove finisce una strada sterrata (che dalle carte parte dal tornante prima di Laveggiolo).
Scendiamo sulla sterrata e poco dopo il primo tornante prendiamo destra nel bosco direzione Laveggiolo, non vi sono indicazioni ma il sentiero è abbastanza evidente.
Percorriamo boschi di abeti stupendi, inutile dire che ci guardiamo bene in giro cercando qualche bel fungo, ma in tutto il giorno vedremo solo funghi non commestibili.
Raggiungiamo il pratone sopra Laveggiolo sul lato opposto della mattina ed un bel sentierino traversa giù fino alle baite del paese, quindi al parcheggio.
Un giro breve sia in tempo che in km, ma molto wild e molto intenso per le pendenze affrontate, tutti e tre molto soddisfatti nonostante la scarsa visibilità.
CONSIDERAZIONE IMPORTANTE: come detto non ci sono sentieri sulle tante mappe che ho consultato, MA se seguite il nostro percorso di discesa anche a salire tutto è decisamente più semplice, oltre a non dover cercare dove passare tra cespugli e prati, le tracce di sentiero seguono i passaggi meno impegnativi.