PIZZO MELLASC 2465MT
Di nuovo nella Valle del Bitto, la bella Val Gerola.
Dopo l’ultima escursione con i Malnat sul vicino Motto Rotondo, oggi propongo di raggiungere il Pizzo Mellasc.
Si può salire da Premana quindi dalla Val Varrone, o dalla Val Gerola quindi dal bel borgo di Laveggiolo.
Trovo i maggiori dettagli QUI.
Parcheggiamo a Laveggiolo stavolta proprio in paese e non al tornante come per salire al Motto Rotondo, e seguiamo da subito le indicazioni per il Rifugio Trona Soliva ed il Falc.
Primo tratto su sterrato (8:30) o cementato fino ad un bivio Q1510 dove si può decidere se seguire la strada con i suoi tornanti o prendere il sentiero che accorcia un poco il percorso.
Deviamo a destra quindi su sentiero, passiamo da alcune baite ancora nel bosco, sbuchiamo in un area prativa, quindi su un ponticello attraversiamo il torrente ed incrociamo il sentiero che sale da Castello.
Proseguiamo con alcuni zig-zag in salita per ricongiungersi con la strada, quindi proviamo altri tagli sulla strada ma troviamo il sentiero poco usato ed invaso da piante o frane, una fatica inutile.
Arriviamo alla baita di Furcela Q1721 e da qui seguiamo sempre e solo la strada, un paio di tornanti poi spiana ed arriviamo al rifugio Trona Soliva.
Per me, Angelo e Gimmy è la prima volta, al Barba si apre il libro dei ricordi.
La vista è stupenda, la diga del Trona, quella del Pescegallo, la Valle di Albaredo San Marco, dove riconosciamo la cima del Monte Lago, anche questa una recente visita.
Qualche minuto di pausa al Trona Soliva (chiuso anche se i cartelli lo indicavano Aperto), la cima del Mellasc è ben visibile sopra di noi.
Ragioniamo sul percorso, le descrizioni sono molto chiare, si punta ad una cascatella tenendosi sulla sinistra del ruscello, lo si attraversa proprio sotto la cascata, si trovano tracce di sentiero che permettono di risalirla sulla destra.
Dopo il percorso diventa più libero, non ci sono sentieri o indicazioni, il riferimento è un canale erboso che permette di raggiungere la cresta poco sotto la cima, ai suoi fianchi della roccia, il canale è ben visibile già dal rifugio Trona.
Dal Trona si suggeriva di salire per prati fino alla cascata, noi abbiamo la fortuna di poter utilizzare una strada sterrata di recente costruzione che porta a delle baite in alto, forse si allunga un pò ma la salita comunque ripida diventa più facile.
Arrivati poco sotto la cascata abbandoniamo la sterrata e puntiamo per dritto alla cascata tenendo il ruscello alla nostra destra.
Il flusso d’acqua del torrente è ben diverso dalle tante foto che ho visto, la siccità ha lasciato il segno anche qui.
Sotto la cascata troviamo le tracce di sentiero, si attraversa il ruscello, poi con un traverso da destra a sinistra si sale sopra la cascata.
Ora il prossimo riferimento è la base del canale erboso, ci si arriva come si vuole, poco sotto troviamo due ometti in un’area ricoperta da pietre.
Qui inizia il tratto più ripido ed impegnativo, un vero spacca-fiato, che ci porta sulla cresta alla sinistra del Mellasc, a quota 2430mt.
Il canale è di paglione, un pò scivoloso quindi da fare attenzione, nel centro ci sono tracce di passaggio.
Arrivati in cresta di apre la vista verso la Val Varrone, ma anche verso il Pizzo dei Tre Signori e poco sotto brilla il tetto del Falc.
Un altro tratto molto ripido e su paglione permette di raggiungere la cima del Mellasc (11:45), con una piccola croce scura.
La giornata è stupenda, cielo blu e pulito che permette una vista fino all’orizzonte.
Domina il Disgrazia e le cime della Val Masino, ma anche il Bernina, le orobie di confine con la bergamasca, il vicino P3S, come la bella e lunga cresta che porta fino al Legnone.
Stupenda la vista sulla Val Varrone con la casera e la cresta del Rifugio S.Rita.
La fatica e la fame chiedono la pausa pranzo, ma qui in vetta fa troppo fresco, quindi scendiamo sul lato della Val Vedrano dove in un posto riparato poco sopra i 2400mt ci accampiamo.
Poco più di un’ora di riposo e pranzo in posizione stupenda sulla Val Vedrano e sulla Valtellina.
Per il ritorno abbiamo previsto un giro ad anello, sappiamo già che sarà wild, la discesa in Val Vedrano (come descritta qui) è a vista senza nessuna indicazione e presenta molti salti rocciosi da aggirare.
Iniziamo la discesa tenendosi sotto la cresta che scende verso il Monte Piazzo, fino a circa Q2300, dopo iniziamo a scendere tra pietraie, pagione e rododendri.
Questo lato è in ombra e molto umido, le pietre ed il paglione scivoloso, bisogna stare attenti.
Individuiamo un grosso ometto di sassi (come descritto), si trova sopra un salto roccioso che si aggira verso destra poi si scende e di nuovo verso sinistra.
Non ci sono altre indicazioni, si scende cercando il percorso migliore, soprattutto in base alle condizioni del terreno, umidità, gelo ecc.
Arriviamo in basso e qui commettiamo un errore, ci dirigiamo verso l’Alpe Vedrano Q1946, attraversiamo il ruscello e prendiamo a destra, verso valle, su deboli tracce di sentiero.
Le carte Kompass mostrano due sentieri che scendono verso valle, ma le cose si complicano il sentiero che stiamo seguendo sparisce tra erba ed ontani, seguiamo sul gps, ci dovrebbe essere un bivio ma ci sono scarpate ripide e la foresta di ontani, nessun segno di passaggio.
Dopo aver provato e ravanato come pochi, vediamo che sul lato opposto della valle c’e’ un agevole sentiero, quindi senza risalire all’alpe tagliamo per dritto attraversando il ruscello, quindi dritti ad intercettare il sentiero, che a dire il verso se mezz’ora fa invece di salire all’Alpe Vedrano prendavamo il senso opposto eravamo già qui.
Pace … un pò di ravano non manca mai.
Ora scendiamo molto tranquilli fino alla strada, che attraversiamo su un ponticello di legno, poi 1km circa per ritrovare il bivio con il sentiero di stamattina, da qui un ultimo chilometro ci porta al parcheggio.
Piuttosto stanchi, il canaletto ed tutta la discesa sono stati impegnativi, più il ravano imprevisto, ma ben contenti della magnifica giornata.