Quasi ma proprio Quasi Capanna Gana Rossa
Doveva essere una domenica di nuvole, e così è stata.
Doveva essere una bella fatica per risalire un canale, per oltre 350mt dislivello in neve tutta da battere perché non ci sale mai nessuno, e la fatica è diventata enorme.
Doveva culminare in una bella mangiata, in capanna autogestita con la cucina del nostro grande Chef, ma ci siamo dovuti accontentare di un improvvisato picnic ….
Ma lasciatemela raccontare.
Ad organizzare siamo io e l’amico Flavio (cappef), con i nostri gruppi, ma per impegni vari, noi siamo quasi al completo (in 5), e Flavio ha solo due compagni, a noi si agrega Amedeo.
Qualche disguido sul luogo del ritrovo, ci porta a partire più tardi del previsto, alle 08:40 siamo a Carì, e lasciamo l’auto al parcheggio (attenzione che da quest’anno il parcheggio è a pagamento, solo monete e solo CHF, 5 CHF per 10 ore).
Ciaspole ai piedi davanti agli impianti di risalita, dove già si accalcano famiglie e sciatori. Proseguiamo con tranquillità verso Carì di dentro, sulla pista di sci, stando allineati sul bordo per non disturbare i primi discesisti.
Al bivio per Carì di Dentro e Stabbio, prendiamo la salita per Stabbio, sempre sulla pista di sci, a Stabbio la pista curva verso sinistra per salire verso glim impianti di risalita, noi proseguiamo diritti, da ora la neve è tutta da battere.
Due parole sul percorso:
Il nostro obiettivo, se non era ancora chiaro, è la capanna di Gana Rossa a 2270mt, un rifugio quasi mai frequentato in inverno con le ciaspole, per la difficoltà a raggiungerla.
Ma noi ci siamo stati varie volte, e ben due in inverno con le ciaspole. Il sentiero estivo, quello classico che parte da Carì o da Molare, passa per l’Alpe di Vignone, poi traversa sotto la cima Q2214, questo versante è sempre a pericolo slavine, molto sconsigliato in inverno.
In una delle due salite invernali siamo proprio passati sopra una larga slavina, ormai aveva scaricato, ma al ritorno di entrambe le volte siamo scesi da un canalone che scende ripido verso Carì di Dentro, e questa volta decidiamo per nostra sicurezza di percorrerlo in salita, per evitare rischi.
Già dalla partenza il canale che andremo a percorrere lo si vede bene, è bello ripido ma non sembra impossibile, tra l’altro come ho già detto lo abbiamo disceso ben 2 volte con le racchette.
Questo canale termina in alto a 2200mt dove si incrociano i sentieri che salgono da Carì e dall’Alpe Vignum, e parte da circa 1800mt di Stabbio.
Uscendo dalla pista di sci, la neve è fresca da battere, 40-50cm circa.
Siamo alla base del canale alle 09:20, la fila di 9 ciaspolatori inizia la lunga scalata del canale.
Si batte neve a turno, ma sono principalmente 3 o 4 i battitori doc, io sono sempre l’ultimo non mi propongo neppure.
La neve è ben più consistente del previsto, a tratti anche 60-80cm, e pendenze di tutto riguardo, il tempo di salita diventa ben superiore al previsto, che si accumula al ritardo in partenza.
Ma nessuno ci ferma, ed alle 11:10 siamo tutti in cima al canalone, dove è decisamente più piano. La capanna non si vede, ma lo sguardo va a cercare i piloni dell’ Alta tensione, sappiamo che si trova sotto quella linea elettrica.
Sempre in fila indiana gudagnamo ancora un po’ di quota, c’e’ un passaggio vicino ad una roccia poi si attraversa un canalone poco simpatico, ancora la capanna non si vede.
Non è facile capire dove passare, i ricordi sono difficili con tutto questo bianco, ma abbiamo la traccia.
Punto della situazione, siamo a 156mt lineari dalla capanna, a Q2250, mancano +20 metri, è un balzello sopra, ma bisogna risalire un canalone aperto.
Qualcuno ha sentito la neve assestarsi con il classico “toc” sotto le ciaspole e si fida poco, ci si confronta, e per maggioranza si decide di rinunciare, una rinuncia amara vista la farina di polenta nello zaino.
Presa collettivamente la decisione di rinunciare alla capanna, ed al pranzo, riprendiamo la via di discesa, la pista è fatta, e ci metteremo solo 1 ora per arrivare a Carì di dentro, dove troviamo in una baita al momento disabitata, un tavolo coperto dove pranzare.
Consumiamo quanto portato per condire la polenta taragna, i formaggi, le tartine al lardo per antipasto, salamino e salamino piccante, 3 bottiglie di vino, poi i dolci panettone e tortino di nocciole e cioccolato, innaffiato con una magnum di spumante che Marietto si è portato dietro per tutto il tempo.
L’allegria regna sovrana, non il silenzio ma le battute (e vari rumori molesti), peccato per la capanna, ma il picnic è venuto proprio bene.
Chiuso il pranzo con la grappetta che scalda, pulizie, foto ricordo e si torna al parcheggio, in poco più di un quarto d’ora riponiamo tutto nelle auto.
E’ andata così, la faticaccia è stata ben superiore al previsto, quindi benissimo, peccato per la polenta ma quello che le stava intorno è sparito nel picnic.
L’allegria c’e’ stata, i pericoli no, e questo è quello che conta.