Anello esplorativo in Val Lodrino
Dopo aver toccato quasi i tremilametri, torniamo alle nostre esplorazioni.
Una esplorazione nel cassetto da parecchi anni, conosciamo bene le valli successive, la Val d’Ambra, la Val Marcri, la Val Nedro, la Val d’Iragna, e la valla di Lodrino la conosciamo bene solo per la cima di Negros, il rifugio omonimo e la capanna Alva.
Un articolo su VivereLaMontagna (di Luca Bettosini e Ely Riva) mi ha incursiosito, e convinto a progettare due o tre possibili anelli esplorativi, ed ho proposto agli amici un primo avvicinamento.
L’idea e’ di anello completo che ci porti alla testata della valle ed il ritorno dalla parte opposta, anzi visto le giornate lunghe anche un allungo per fare un po’ piu’ di dislivello, ma quando si fa i conti senza l’oste …
Partiamo dalla piazzetta di giro a Legri, dopo aver pagato il pedaggio di 10CHF a Lodrino. Sentiero ben marcato e diretto che sale alla bella capanna Alva.
Procediamo tranquilli e abbastanza compatti, facendo chiacchere, subito una baita a Bedrina poi su fino a Lagua un vero angolo di paradiso.
E’ un pianoro erboso con una decina di baite, quasi tutte ben sistemate, c’e’ una casetta su un albero ed anche un campetto da calcio con tanto di porte.
Incontriamo due “locals”, ci chiedono dove siamo diretti, e subito “ma avete sbagliato …”, consultata insieme la cartina, scrollano la testa “ma le trop lunga”.
Doveva essere un chiaro segnale, che noi ignoriamo per proseguire nel nostro intento esplorativo.
Saliamo fino a Piancora, altro posto stupendo, un balcone con sullo sfondo la Valle di Lodrino con le sue cime ben imbiancate.
Seguendo le indicazioni ricevute, dietro la baita piu’ alta, si stacca il sentiero che entra nella valle di Lodrino, se si prosegue si sale alla capanna Alva.
Qui bisogna fare una premessa importante: la Valle di Lodrino e’ sul lato Nord, cioe’ quello sotto la Cima di Negros, la Cima di Stuell ed il Poncione Rosso, molto rocciosa e verticale, soprattutto a mezza-costa. Il sentiero indicato sulla swissmap segue delle cenge erbose e rocciose trovando la via giusta per passare. E’ evidente che perdere il sentiero o non vederlo … sicuramente porta a spiacevoli sorprese.
Il sentierino non e’ marcato da bolli, ma si intuisce, certamente i passaggi umani sono piuttosto rari. L’ ambiente e’ stupendo, l’importante avere passo sicuro e non guardare verso sinistra, dove si apre un baratro profondo.
Attenzione va prestata dove ci sono i canali di scolo o ruscelli, per ritrovare le vaghe tracce di passaggio sul lato opposto.
I tempi di percorrenza diventano enormi per la ricerca continua del percorso e per la grande attenzione.
Alle 11:30 troviamo una malandata scala di legno che supera un salto roccioso, saliamo uno ad uno, poi troviamo piante di traverso ed iniziano le prime difficolta’ nel ritrovare il sentiero, tutto e’ piu’ difficile dal terreno cosparso di foglie di faggio che sono particolartmente scivolose, e sotto e’ ripido.
Arriviamo alle 11:50 all’ Alpe Bercogn, qui gia’ stanchi, decidiamo di fare la pausa di pranzo e goderci la giornata, visto che parte dei piani iniziali sono saltati.
L’alpe e’ composta da una baita ben tenuta, ma privata e chiusa, e un edificio piu’ piccolo a lato. Indubbiamente una baita di caccaitori.
Posto stupendo come visuale, siamo quasi alla testata della valle, di fronte a noi le cime di Visghed e le cime del Poncione di Venn e dei Laghetti, i loro fianchi nord sono coperti di bianco.
Pranzo al sacco, ma chiudiamo con un’ ottima colomba ed un prosecco doc.
Con Paolo progrettiamo il ritorno, almeno chiudiamo tutto l’anello, e’ certamente piu’ lunga dell’ andata, ma vista la baita stimiamo che il sentiero sara’ certamente piu’ battuto e visibile di quello percorso, tra l’altro e’ sempre segnalato sulla mappa, con solo alcuni tratti mancanti (di solito sono tratti slavinati o nei canali dei ruscelli).
Lo scopriremo solo piu’ tardi che il bello dove ancora venire.
Alle 14:00 ci incamminiamo per il ritorno, ci siamo ampiamente goduti la sosta pranzo, un rito ed un meraviglioso piacere per noi.
Proseguiamo verso la testa della vallata, dove dovremmo attraversare il Riale di Mercori.
Le tracce si vedono abbastanza, e siamo nel bosco di faggio, nessun problema anche a perdere il sentiero per qualche tratto. Arriviamo al ruscello, e cerchiamo subito dove proseguire, prima ancora che dove attraversare.
Risaliamo il corso per trovare un grosso tronco che fa da ponte, non e’ un caso, ma oltre il fiume una riva ripidissima e quasi tutta franata. Sono solo le prime difficolta’.
Primo tratto adrenalinico, il terreno frana sotto i piedi, ma grazie a due piante abbattute riusciamo a salire.
Consultiamo il GPS, il sentiero deve essere qui sopra, e fortuatamente troviamo un provvidenziale ometto che ci indica che siamo sul giusto, ma sara’ l’unico che troveremo.
Da qui inizia una vera tribolazione per cercare il sentiero, siamo nel bosco ma ripidissimo, precipita nel fiume e pieno di foglie viscide.
La traccia di sentiero la si ritrova per tratti brevi, ma corre attorno i 1280mt proprio a ridosso delle rocce. E’ un contino perdere e ritrovare, ma la ricerca e’ faticosa e tutt’altro che facile. Molta attenzione nei vari canali, sempre a cercare dove potrebbe proseguire il sentiero, se c’e’ …
Dopo due ore e mezza di cammino siamo ai Buchi di Matri, praticamente di fronte all’ Alpe Bercogn dove abbiamo pranzato. Ne abbiamo viste di belle, ma ora il sentiero e’ un po’ piu’ visibile e troviamo un segno di umanita’, un serbatoio blu dell’acqua ed un tubo che scende, siamo sopra l’Alpe Piansgeira.
Scendiamo sperando di trovare acqua, e fortunatamente e’ aperta, ci prendiamo una decina di minuti di pausa, sono le 17:10 ed e’ ancora lunga la via del ritorno.
Qui prende anche il telefono, avvisiamo casa che arriveremo tardi, chiaro il commento delle mogli “ma vi siete persi?”.
Inutile spiegare che non ci siamo persi, ma abbiamo seguito o cercato di seguire un sentiero che non c’e’ e tutti i calcoli di percorrenza sono saltati.
Ripartiamo stanchi ma determinati a tornare prima che faccia buio.
Su buon sentiero arriviamo al Ponte sul Riale di Droslina, si sale qualche decina di metri e da qui in poi il sentiero e’ meraviglioso, battuto, protetto da cordini d’acciaio dove servono e gradini di roccia.
Nessuna difficolta’ quindi, solo che e’ ancora lunga.
Sul lato opposto della vallata le pareti rocciose e verticali dove si snoda il sentierino percorso in mattinata, vi assicuro che vedere queste pareti che precipitano, ci si chiede come si possa passare.
Alle 18:10 siamo a Dureda, poi alle 18:40 dopo una verticale discesa a zig-zag sul ponte dell’Alben Q650, torniamo sul lato N della valle, da qui ancora su cenge e poi bosco di nuovo a Bedrina, ed in breve alla macchiana.
Sono le 19:00, siamo stremati, ben 5 ore di cammino al ritorno, forse 10min di soste, tre o quattro ricordi adrenalici, non finiva piu’.
L’anello e’ compiuto, sono mancate (per fortuna) le varianti che avevamo in mente.
Se amate l’ ultra-wild, i sentieri da trovare e che spesso non ci sono, su pendii verticali e franosi, se avete passo sicuro, buon orientamento, e non soffrite di vertigini, beh allora potete pensare ad esplorare tutta la Valle di Lodrino.
Per tutti gli altri, il sentiero via Ponte Alben, lato destro orografico della Valle di Lodrino fino a Piansgeira e’ bello e percorribile, lasciate perdere il tratto alto verso il Riale di Mercori.